domenica 7 agosto 2011

Bentornata a 'Rezzo

Il "vigile" della pista di atterraggio, quello con i paletti fosforescenti che fa segnali ai piloti, manda a quel paese il comandante del mio aereo che ha parcheggiato fuori dalle linee bianche. Tipico gesto italiano, un braccio che parte dal basso e si dirige in alto, un'esperta rotazione del polso, mano aperta con dita chiuse, in direzione del coglione di turno. Sono in Italia, sono tornata a casa.
Ma ciò non basta.
Seduta su uno scalino in piazza Sant'Agostino, racconto le mie avventure ad alcuni amici. Giro lo sguardo intorno e mi deprimo: 24 ore prima ero nella spiaggia di Ipanema, Rio de Janeiro. Adesso sono ad Arezzo, nelle sicure abitudini della mia vita, sono tornata a casa.
Ma ciò non basta.
Abbandono la fila per prendere la rosticciana (if you don't know it, google it) e passo in gelateria. L'accento chianino mi schiaffeggia. Il Babbo parlando della Figlia: "Hadetto un' lovòle 'lgelato". La Mamma: "M'emporta 'nasega, lo vojo io".
Questo è un sano e genuino "Bentornata a 'Rezzo".

Brasil, no meu coração

Sono stata cinque settimane in Brasile. Quattro in un ospedale di Vitoria, Espirito Santo, una tra Rio de Janeiro e aeroporti.
Ci sarebbero così tante cose da dire, da raccontare. Per la maggior parte di ambito medico, cose che probabilmente interessano una ristretta parte di persone. Ma ce ne sarebbero anche molte altre. Solo che non so da dove cominciare.
Potrei iniziare con un'analisi oggettiva dei luoghi che ho visitato: gli stati di Rio de Janeiro, Espirito Santo, Minas Gerais. Le città sono orrende. Ebbene sì. Arichitetti che dovrebbero andare incontro a cause legali per aver sciupato la Natura perfetta e imponente del tropicalissimo e fantastico Brasile. Architetti senza alcun tipo di senso estetico, che non conoscono il significato di Bellezza; architetti ignoranti e con gli occhi foderati di prosciutto. Giudizio troppo presuntuoso da parte mia? Lasciatemi dire che me lo posso permettere. Nata e cresciuta nel cuore della Toscana, sarò anche piena di difetti, avrò un accento alquanto buffo, ma la Bellezza mi circonda. Ergo posso giudicare senza avere una laurea in Belle Arti.
Sotto le braccia della brutta (esteticamente brutta) seppur affascinante e piacevolmente inquietante statua del Cristo Redentore di Rio, mi sono domandata come mai mi sarebbe risultato così difficile tornare a casa, dopo più di un mese. Io che non avevo mai trovato un posto migliore di Casa mia. Sono giunta alla conclusione che ancora non l'ho trovato. Semplicemente questa volta ho trovato persone migliori di quelle di Casa mia. E' una sensazione difficile da spiegare: passeggi a Copacabana e, non si sa bene come, non ti curi affatto degli obrobriosi palazzi che la fiancheggiano; sei risucchiato nell'atmosfera creata dai brasiliani, popolo proveniente da tutto il mondo, che ha portato con sè, dalle diverse terre di origine, solo una cosa, il buon umore. Un'allegria che ti contagia e che ti entra dentro. Non ti serve nient'altro per vivere bene. E una volta che l'hai conosciuta, che hai imparato a riconoscerla, te la ricorderai per sempre. Ipocrisia, maschera, o semplicemente verità, in un Paese in cui o sei ricco ricco o sei povero povero, sono tutti contenti. Forse sì, è solo facciata, un'arma di difesa, ma se anche solo recitano, lo fanno dannatamente bene.
Sempre dal punto di vista oggettivo, consoliamoci: l'Italia è una potenza. Nonostante i tempi che corrono, siamo ricchi, siamo potenti, siamo invidiati. Ma ci tiriamo la zappa sui piedi, crogiolandoci nell'autocommiserazione. Proverò a distribuire in giro l'allegria che ha affittato a tasso non variabile il mio cuore, e se anche molti momenti delle settimane passate in Brasile svaniranno, un ricordo rimarrà vivido: abbracci e sorrisi di sconosciuti che sono diventati fratelli, con il sottofondo di un ritmo eterno di samba.