Quando vedi i carabinieri e la polizia davanti all’università è un brutto segno. In questi giorni di protesta mi sono ritrovata a leggere, pensare e parlare, e sono giunta alla conclusione che questa situazione, alla facoltà di Medicina e Chirurgia (non mi riferisco ad altre), non si sfanga. Non tanto per questioni strettamente relative alla giusta o sbagliata riforma Gelmini, quanto per lo spirito generale con cui la stessa viene affrontata. Forse per la prima volta nella storia accademica, orde di giovani studenti universitari si trovano fianco a fianco ai loro docenti assorbendo, come è sempre stato, cultura e informazione, ma aggiungendovi una inusuale assenza di modernizzazione. Da quando in qua i ventenni vanno così d’accordo con i settantenni? Lottare per un ideale comune è sempre una gran bella cosa, e il fatto che questo ideale coinvolga differenti generazioni dovrebbe essere un incentivo per impegnarsi ancora di più nella sua realizzazione pratica. E allora come mai adesso tutto ciò mi stona così tanto? Forse perché mi trovo quasi inorridita di fronte a ragazzi della mia età che non sanno come gestire il cambiamento. Cambiamento in senso lato del termine, evoluzione e modificazione del passato per raggiungere un presente ed eventualmente un futuro diversi. Non giudico il cambiamento, può essere in meglio o in peggio, ma giudico, e anche severamente, la totale incapacità della gran parte dei miei coetanei di sfruttare il cambiamento, anche il peggiore immaginabile, per poterne invece ottenere qualcosa di utile. E si dovrebbe diventare dottori, far star bene le persone quando stanno male. Mi trovo circondata da frasi fatte, gran pensieri che non hanno un briciolo di praticità, soliloqui accaldati basati su concetti e filosofie che sono entrati in scadenza. Il tutto mi sta stretto, molto stretto e mi sto quasi arrendendo al fatto che la gente non sia in grado di creare un pensiero senza prima aver consultato la pecora che gli sta accanto.
Per parlare invece specificamente della riforma, tu, Professore in Medicina e Chirurgia che vuoi essere solidale alla causa dei ricercatori, non fare l’ipocrita! Evita di bloccarmi le lezioni e crearmi solamente un rompimento di coglioni; piuttosto vieni in classe a insegnarmi che è giusto insegnare. Non ti mettere a protestare per strada con striscioni e megafoni indossando il camice, che è anche poco igienico; piuttosto tagliati uno dei tuoi tre stipendi per vera solidarietà con i tuoi amici e colleghi ricercatori che non hanno un soldo. E già che ci sei, manda una e-mail ai tuoi maestri, come ti piace chiamare i secolari baroni di ateneo, e digli che è giunto il momento per loro di andare in pensione e liberare un posto di lavoro. Ah, no, scusa, mandagli un piccione viaggiatore … vista l’età …
2 commenti:
E ovviamente c'hai ragione, il problema è che contro i "Baroni" sta riforma non fa proprio niente, perchè nel Culo se lo devono prendere sempre quelli più deboli?
Sebbene il comportamento di qualcuno dei tuoi professori ti possa sembrare (e probabilmente lo è) ipocrita, se però è rivolto a cercare di migliorare qualcuno di quei disgraziati di ricercatori...ben venga.
Io sono stanco di veder andare all'estero tutti i nostri laureati migliori perchè qua non c'hanno manco un soldo per dargli da mangiare.
@Jemfri: questa riforma con medicina e chirurgia ha veramente poco a che fare, in generale. Quindi questi dottori che "protestano" mi fanno proprio sbellicare dalle risate, e ancora di più gli studenti. Tutta questa "solidarietà" che vogliono dimostrare è, secondo me, solo un insulto a coloro che effettivamente non hanno la seggiolina sicura sotto il sedere. Non è un aiuto, è una presa in giro, della serie "ah ah, io ho il posto di lavoro sicuro e il doppio stipendio e te no! però faccio finta di sostenerti così mi faccio bello".
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